Il cristianesimo nella nostra Irpinia si è difuso con i rapporti commerciali con le città campane e particolarmente con Napoli. La rete stradale romana di cui sono menzionate la via “Nuceria-Abellinum-Beneventum” e la via “Campanina”, agevolò questi rapporti, valicando colline e montagne. I documenti più antichi e accertati, come quelli pontifici nel 496 e nel 499, relativi all’organizzazione diocesana della regione, parlano del Vescovo Timoteo. Nella cripta della chiesa Collegiata di S. Ippolisto di Atripalda, centro fortificato sorto nel Medioevo, su di una collina, alla periferia della città romana di Abellinum, si conserva il sarcofago di un Vescovo avellinese, Sabino. L’epigrafe (CIL X 1194), molto generica, lo indicherebbe come predecessore di Timoteo. Coeva è la tomba del suo diacono Romolo (CIL X 1195), nella cui epigrafe si parla di Sabino e dello “Specus Martyrum”. Inoltre un’epigrafe del 357 (CIL X 1191) testimonia che il defunto fu sepolto “cum sanctis”. Da tutto questo si deduce che nella zona sorse una necropoli pagana, poi divenuta centro di culto, per la sepoltura di alcuni martiri in una piccola catacomba, intorno alla quale sorse poi un cimitero subdiale cristiano. L’intero complesso fu riordinato, abbellito e purtroppo, anche manomesso nel periodo bizantino; comunque la venerazione per questi martiri, continuò, accrescendosi nel periodo longobardo e si consoliò con il passar dei secoli. A pochi chilometri di distanza, a Prata di Principato Ultra, c’è un’altra catacomba, con una basilichetta, paleocristiana, oggi dedicata alla SS. Annunziata. Tali strutture ipogee furono possibili per la natura tufacea delle colline. Le deduzioni che si possono trarre, ma non documentare, è che vi fosse in Abellinum una “Ecclesia” ben organizzata fin dal tempo di Diocleziano, allorché fu duramente provata dalle persecuzioni. La “Ecclesia Abellinensis” fu molto attiva nell’evangelizzazione del suo territorio, con molti piccoli centri (“habitare vicatim” che è il tipico insediamento sannita secondo Livio). Ne sono testimonianza l’epigrafe del “Dei servus Iohannis, vir venerabilis, presbyter” (morto nel 541) (CIL X 1192) di Aiello del Sabato e, soprattutto, il piccolo complesso di chiesa con vasca battesimale cruciforme e necropoli, accanto ad una “villa rustica” tardo-romana, messa in luce a Pratola Serra nel 1981. L’occupazione longobarda seminò lo scompiglio nella struttura amministrativa, già precaria in seguito alla guerra tra Goti e Bizantini, e accrebbe lo spopolamento, già notevole per la peste, con la fuga dai centri abitati più popolati che si trovavano nella mira degli invasori, noti anche se esageratamente per la loro disumana ferocia. Solo nei secoli VIII-IX fu progettata e costruita l’attuale città di Avellino, in un luogo ritenuto più difendibile dalle incursioni e più valido per una difesa militare. Alla nuova città, nel 969, fu riconosciuto il diritto di avere un proprio Vescovo ed a fregiarsi del titolo di “civitas”, anche se era “un piccolo castello” (Edrisi) così ritenuto nei centri cosmopoliti del tempo. Nel sec. XII fu costruita una bella cattedrale romanica con materiale di spoglio, con la cripta, e secondo lo stile basilicale-cassinese largamente utilizzato in Campania. I frequenti terremoti, succedutisi nel tempo, hanno compromesso la stabilità, rendendo necessarie trasformazioni e modifiche che hanno finito per occultare l’architettura originaria. Le guerre di successione dinastica, fino all’affermazione degli Aragonesi nel Regno del Sud contribuirono inoltre all’abbandono e al diffondersi della miseria. Si è detto precedentemente che l’Organizzazione ecclesiastica riprese quella delle “civitates” romane, però la realtà politica e amministrativa era già molto cambiata, quando nel 969 rinacquero le antiche Diocesi. Per molti anni, all’inizio del sec. IX, divampò un feroce conflitto tra Salerno e Benevento per la supremazia o anche per l’autonomia. I Salernitani fecero ricorso all’aiuto di alleati “innaturali”, quali Bizantini e Saraceni, pur di prevalere. Alla fine, l’imperatore Lotario riuscì a porre fine alla sanguinosa rivalità, consentendo alla divisione del Ducato in due parti, il Principato di Benevento ed il Principato di Salerno e Capua. Il tutto è riportato nel capitolato di pace dell’anno 849. Cosi la Diocesi di Avellino, in seguito alla riorganizzazione ecclesiastica, per decisione pontificia e favori di Palazzo, verso il 1225 perse la piana di Senno, Contrada-Ospedale e la zona del monte Falieso di Forino. L’altra Diocesi, di Quintodecimo-Frigento comprendeva una larga fascia di territorio, tolta ad Avellino e la valle del Calore assunse il nome di “nostra Valle Beneventana” estesa per diversi chilometri, fin sotto Paternopoli. Insomma negli oltre mille anni di storia che si sono succeduti, a partire dall’849, i rapporti tra le comunità cristiane dell’Irpinia non sono stati mai dei migliori non sono stati mai dei migliori. Anche la cosiddetta “mini riforma” delle Diocesi dell’Irpinia, operata ultimamente, ha solo avviato la risoluzione di un problema che andrebbe affrontato nell’insieme delle Diocesi campane. E’ vero che le incrostazioni dei secoli possono far pensare ad una situazione divenuta ormai naturale e non più modificabile, ma l’immobilismo in questo campo pregiudica anche la revisione delle parrocchie, nel numero e nell’estensione. Facilitata dal nuovo concordato, se altrove la revisione è stata da tempo oggetto di studio e di dibattito, da noi è venuta fuori, solo di recente e se ne parla quasi a porte chiuse. C’è da augurarsi che essa, da tutti auspicata, possa, in tempi brevi, realizzarsi all’insegna della norma canonica “Salus animarum suprema lex” (can. n. 1752). In questa realtà storico-religiosa si colloca la situazione sociale degli abitanti del territorio, in cui cominciano a pesare il fenomeno della disoccupazione e l’affievolimento dei legami familiari e delle tradizioni religiose. Incominciano a diventare patrimonio anche della nostra cultura tutte quelle carenze valoriali e quelle emarginazioni sociali che sono presenti nelle società più evolute. La comunità cristiana della terra d’Irpinia è chiamata ad operare in questa realtà, non per essere nel gruppo di coda col rischio di farsi travolgere dagli avvenimenti, ma per porsi nelle prime linee e rivendicare la dignità e la promozione umane. Mentre prendiamo atto del degrado del territorio, dobbiamo anche, alla luce del Vangelo di Gesù Cristo, profondere tutte le nostre energie culturali, spirituali e materiali per sollecitare, incoraggiare, proporre e operare, avvicinandoci ad ogni persona. La questione sociale dell’Irpinia non può essere delegata per intero alla classe politica, perché la comunità cristiana ha il dovere esistenziale di intervenire, in quanto “mandata” agli uomini dell’Irpinia. Il territorio della Diocesi di Avellino, fino al Decreto del gennaio 1998, comprendeva la superficie di due Diocesi non contigue e solo piuttosto tardi unite; da allora il Vescovo di Avellino fu anche Vescovo di Frigento. Nel 1818 fu soppressa la diocesi di Frigento e restò solo una circoscrizione ecclesiastica con il nome di Diocesi di Avellino. Il suo territorio che si estende, in forma allungata, tra la Campania e la Puglia, è solo una minima parte di tutto il territorio provinciale. Le notevoli distanze, che separano le zone interne (solo negli ultimi tempi si è sviluppata una rete viaria più agevole) dal centro della provincia, non hanno permesso un omogeneo sviluppo culturale. Solo alcuni maggiori centri interni, che facevano capo alle tante Diocesi, circa 11, che nel passato costellavano il territorio dell’Irpinia, sono stati anche punti di riferimento per lo sviluppo. Ecco l’elenco delle 11 diocesi irpine (Nel riquadro a sinistra quelle attuali).
Avellino Eclano-Quintodecimo-Frigento Ariano Irpino Trevico S. Angelo dei Lombardi Bisaccia Montevergine Lacedonia Monteverde Conza Nusco Montemarano
In un territorio abbastanza ristretto (Kmq 2791) e con scarsa densità demografica (ab. 155 per Kmq) ancora attualmente ci sono molti paesi che sono uniti a Diocesi che hanno il loro capoluogo in altre province [Benevento, Salerno, Nola (NA)]. Perciò quasi un terzo del territorio irpino non fa parte delle quattro Diocesi irpine. Oggi nella Provincia di Avellino, vi sono tre vescovi e un Abate territoriale residenti e tre Arcivescovi e Vescovi di altre province, anche dopo il Decreto della Congregazione dei Vescovi del 25 gennaio 1998, reso esecutivo dalla Nunziatura Apostolico in Italia, il 13.02.1998, con il quale sono state riordinate le Diocesi dell’Irpinia, per i circa 428.314 abitanti, raggruppati in 120 comuni (dati ISTAT 2001).
Diocesi Numero parrochie Numero Comuni Abitanti Avellino 55 31 146.127 S. Angelo dei Lombardi, Nusco, Conza e Bisaccia 45 30 89.825 Ariano Irpino e Lacedonia 43 20 70.526 Montevergine (Abbazia) 9 4 15.718 TOTALE 152 85 322.196
Benevento 30 19 52.271 Salerno, Acerno e Campagna 12 3 29.061 Nola (NA) 15 13 24.786 TOTALE 57 35 106.118 TOTALE GENERALE 209 119 428.314
Questa tavola riassuntiva, anche se permette di cogliere che una grossa parte del territorio e della popolazione della Provincia di Avellino fa riferimento a Vescovi e Arcivescovi che sono in altre province della Campania, non manifesta, in tutta la sua realtà, alcuni nodi della suddivisione delle circoscrizioni diocesane, cui neppure l’ultimo riordino (1998) è riuscito a risolvere. Ci sono ancora paesi che sono a pochissimi kilometri dal capoluogo dell’Irpinia, Avellino, che fanno parte di circoscrizioni ecclesiastiche che hanno il Centro Diocesi in altre Province.